Allarme fenilchetonuria: ecco i sintomi nascosti di questa malattia rara e pericolosa

La fenilchetonuria è una patologia genetica rara e pericolosa, che rientra nelle malattie metaboliche ereditarie. Questa malattia, trasmessa con modalità autosomica recessiva, è causata da difetti genetici nel gene responsabile della produzione della fenilalanina idrossilasi, un enzima essenziale per il metabolismo dell’amminoacido fenilalanina. L’incapacità di smaltire questo amminoacido comporta un suo accumulo nel sangue e nei tessuti, risultando dannoso soprattutto per il sistema nervoso centrale durante le fasi critiche dello sviluppo neonatale e della prima infanzia.

Le cause genetiche e il meccanismo della malattia

L’origine primaria della fenilchetonuria si trova nelle mutazioni del gene PAH, che regola la sintesi della fenilalanina idrossilasi. La carenza o l’assenza di questo enzima impedisce la trasformazione della fenilalanina in tirosina: questa sostanza, normalmente innocua, quando si accumula può superare i limiti considerati sicuri (120-360 micromol/L nei neonati), producendo una serie di metaboliti tossici soprattutto per il cervello. Esistono anche forme di iperfenilalaninemia correlate a deficit di tetraidrobiopterina (BH4), cofattore indispensabile per l’attività dell’enzima e coinvolto in altre vie metaboliche.

La malattia si trasmette solo se entrambi i genitori sono portatori della mutazione. In tali casi, per ogni gravidanza c’è il 25% di probabilità che il bambino sia affetto. La diagnosi è oggi possibile già mediante screening neonatale, pratica fondamentale perché la sintomatologia iniziale è spesso silente, e solo l’identificazione precoce consente l’avvio di terapie salvavita come la dieta a basso contenuto di fenilalanina già nei primi giorni di vita.

I sintomi nascosti e le manifestazioni cliniche

Nei primi giorni e settimane, i neonati con fenilchetonuria possono apparire sani. Tuttavia, con il progredire dell’accumulo di fenilalanina non trattata, il quadro clinico evolve in modo subdolo e spesso con segnali non immediatamente riconducibili alla patologia:

  • Odore particolare di “muffa” della pelle, dell’alito o delle urine, indotto dai cataboliti anomali della fenilalanina. Questo segno, pur non specifico, è tra i più caratteristici.
  • Colorazione più chiara di pelle, capelli e occhi rispetto ai familiari: la fenilalanina interviene infatti nella produzione della melanina, il pigmento responsabile della colorazione cutanea e pilifera.
  • Alterazioni cutanee quali eczema o eritemi ricorrenti, talvolta associati a prurito persistente.
  • Microcefalia (diminuzione delle dimensioni della testa rispetto alla norma), segno di un possibile coinvolgimento cerebrale precoce.
  • Disturbi neurologici e del comportamento quali iperattività, irritabilità, convulsioni o epilessia in alcuni casi.
  • Ritardo globale dello sviluppo psicomotorio e cognitivo: i bambini non trattati possono mostrare difficoltà nell’acquisizione del linguaggio, dei movimenti fini e grossolani, e compromettere gravemente le capacità di apprendimento.
  • Disabilità intellettiva di gravità variabile a seconda della durata e dell’entità dell’esposizione a livelli tossici di fenilalanina.
  • Problemi psichiatrici e comportamentali quali ansia, depressione, disturbi dell’umore e difficoltà di socializzazione se la diagnosi e la terapia ritardano.

Gran parte di questi sintomi restano nascosti nei primi mesi di vita, rendendo fondamentale il ruolo dei programmi di screening neonatale obbligatori, che permettono l’identificazione tempestiva della malattia anche in assenza di sintomi evidenti.

L’importanza dello screening precoce e della diagnosi

Lo screening neonatale è la chiave per prevenire le gravi conseguenze della fenilchetonuria. In assenza di sintomatologia iniziale, il test permette di individuare i neonati affetti tramite un semplice prelievo di sangue nelle prime 48-72 ore di vita. La diagnosi precoce consente di instaurare subito la dieta a basso contenuto di fenilalanina, modificando drasticamente la prognosi rispetto alle epoche antecedenti all’introduzione dello screening sistematico.

Inoltre, una diagnosi tempestiva permette anche una corretta consulenza genetica alle famiglie, che potranno così comprendere il rischio di ricorrenza della malattia nelle future gravidanze. In caso di sospetto, la valutazione degli enzimi della via metabolica della fenilalanina e dei suoi livelli plasmatici è essenziale per distinguere la fenilchetonuria dalle altre patologie simili, come l’iperfenilalaninemia da deficit di cofattore BH4.

Terapia e gestione a lungo termine

Il trattamento cardine per la fenilchetonuria consiste, oggi come ieri, nella dieta controllata. L’esclusione o la limitazione rigorosa degli alimenti ricchi di fenilalanina (carne, pesce, uova, latte, formaggi e altri prodotti proteici animali e vegetali) è necessaria per tutta la vita, soprattutto per le donne in età fertile. La dieta viene personalizzata e monitorata attraverso il controllo costante della fenilalanina nel sangue, con l’obiettivo di mantenerne i livelli nella soglia raccomandata delle linee guida europee. Una gestione appropriata consente di prevenire le complicanze gravi e di garantire uno sviluppo psico-fisico pressoché normale.

Oltre alla dieta, può essere necessario integrare aminoacidi privi di fenilalanina e, in alcuni casi particolari, ricorrere a terapie farmacologiche innovative volte a modulare le vie enzimatiche residue. Seguire regolarmente controlli multidisciplinari con specialisti di neurologia, nutrizione e genetica è fondamentale per sorvegliare lo stato nutrizionale, la crescita e il corretto sviluppo neurocognitivo.

Ruolo degli adulti con fenilchetonuria

Nonostante la malattia sia diagnosticata in età neonatale, anche gli adulti con fenilchetonuria richiedono attenzione continua. Un eventuale abbandono della dieta in età adulta può portare alla comparsa o alla recrudescenza dei sintomi neurologici e psichiatrici, anche se il danno cognitivo non avanzato come nell’infanzia.

Lapresenza costante di centri specializzati, la disponibilità di supporto psicologico e la promozione della ricerca su nuove terapie (inclusi studi su enzimi sostitutivi e trattamento genico) sono oggi pilastri di un approccio integrato e moderno alla gestione della malattia.

La fenilchetonuria è dunque un esempio di come una patologia genetica rara possa essere domata grazie all’intervento combinato di prevenzione, diagnosi precoce e terapia personalizzata, consentendo ai pazienti di condurre una vita piena e attiva se la presa in carico avviene tempestivamente e in modo continuativo.

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