Attenzione a cosa indossi: ecco i processi inquinanti e tossici dietro la lavorazione della pelle

La lavorazione della pelle rappresenta uno dei processi produttivi più impattanti dal punto di vista ambientale e sanitario, spesso nascosto dietro l’apparenza di prodotti di lusso o di alta qualità. Dietro un capo o accessorio in pelle si celano una molteplicità di processi industriali caratterizzati da un uso massiccio di sostanze tossiche e da un significativo rilascio di inquinanti nell’ambiente, con conseguenze serie sia per gli ecosistemi che per la salute umana.

Inquinamento idrico e produzione di rifiuti nella filiera conciaria

Il settore conciario è responsabile della generazione di enormi quantità di rifiuti e di inquinamento delle acque. Per lavorare la pelle, più del 50% del peso della materia prima si trasforma in scarto, a cui vanno aggiunti i fanghi derivanti dalla depurazione delle acque di lavorazione. Questi fanghi contengono spesso metalli pesanti e residui chimici resistenti ai normali processi di depurazione ambientale. In diversi distretti conciari del mondo, ad esempio a Hazaribagh in India, le attività industriali portano allo scarico diretto di decine di migliaia di metri cubi di acque contaminate ogni giorno nei fiumi e nei terreni circostanti, compromettendo irrimediabilmente la qualità delle risorse idriche locali e causando danni agli ecosistemi fluviali e alla biodiversità.

Gli effluenti conciari sono composti sia da inquinanti organici derivanti dalla degradazione della pelle grezza (come proteine, grassi, residui di epidermide), sia da inquinanti inorganici legati all’uso di additivi chimici. Tra le sostanze principali si trovano cloruri, solfati e una componente organica difficile da biodegradare, con conseguenti rischi di accumulo ambientale e bioamplificazione nei livelli trofici più alti della catena alimentare.

Sostanze tossiche e rischi per la salute

Il cuore della problematica sanitaria è rappresentato dalla “concia”, ossia il trattamento destinato a rendere la pelle durevole e resistente. La maggior parte delle concerie utilizza la cosiddetta concia al cromo, che impiega sali di cromo trivalente (Cr III) e, in alcune condizioni, può produrre cromo esavalente (Cr VI), considerato cancerogeno per l’uomo. Il cromo, se rilasciato nell’ambiente o assorbito dalla pelle attraverso i prodotti finiti, può provocare effetti tossici come allergie, disturbi cutanei, danni epatici e, in casi di esposizione prolungata, forme tumorali. Il cromo residuo nei fanghi conciari può rappresentare dal 0,5% al 5% del peso secco totale, rendendo difficile la gestione e lo smaltimento sicuro di tali rifiuti.

Oltre al cromo, le concerie utilizzano e rilasciano altre sostanze pericolose: solfuro di sodio (impiegato nella fase di calcinazione, produce idrogeno solforato, un gas tossico e pericoloso per le vie respiratorie), coloranti azoici (potenzialmente cancerogeni e vietati in Europa dal 2002), formaldeide, solventi organici volatili, ftalati, piombo, PFAS e altre sostanze per- e polifluoroalchiliche. L’esposizione a questi composti può causare dermatiti, disturbi ormonali, problemi respiratori e nei casi più estremi può arrivare a compromettere le funzioni renali e neurologiche, oltre a rappresentare un rischio concreto per i lavoratori e per le popolazioni che vivono nei pressi degli stabilimenti produttivi.

Emissioni atmosferiche e impatto sugli ecosistemi

Oltre alla contaminazione di acqua e suolo, la lavorazione della pelle genera emissioni in atmosfera che veicolano sostanze volatili, particolati e composti organici volatili (COV). Queste emissioni dipendono dal ciclo di lavorazione seguito e dal materiale di partenza. Particolarmente critiche sono le fasi di calcinazione, rifinitura e tintura, in cui si disperdono nell’aria solventi e composti tossici. L’inquinamento atmosferico proveniente dalle concerie può contribuire alla formazione di smog fotochimico, alterare il normale comportamento degli ecosistemi e portare a una progressiva perdita di biodiversità nei territori circostanti. La dispersione di polveri e altri contaminanti può inoltre causare problemi respiratori agli abitanti delle aree limitrofe ai centri di produzione.

Tali processi mettono a rischio anche la salute pubblica: le popolazioni esposte ai fiumi e alle falde acquifere contaminate registrano dati preoccupanti su patologie tumorali, alterazioni endocrine e infezioni cutanee. In quei territori la presenza di sostanze tossiche nell’acqua potabile e nei prodotti agricoli può entrare nella catena alimentare con effetti cumulativi nel tempo.

Alternative sostenibili e moda etica

Negli ultimi anni, la crescente attenzione ai temi ambientali e alla tutela dei diritti umani sta spingendo sempre più aziende e consumatori a interrogarsi sulle implicazioni della moda tradizionale e sulla ricerca di alternative sostenibili. Il concetto di moda etica promuove l’adozione di filiere trasparenti, la riduzione dell’uso di agenti chimici e il rispetto sia dell’ambiente che dei lavoratori. I prodotti riconosciuti come “etici” sono privi di agenti chimici inquinanti e sottoposti a certificazioni che ne attestano la provenienza da allevamenti o coltivazioni biologiche, l’utilizzo di materiali biosostenibili e l’attenzione al benessere animale e umano durante tutte le fasi di lavorazione.

Nonostante alcune esperienze virtuose di concia vegetale o metal free a ridotto impatto ambientale, ad oggi la quota di mercato occupata da prodotti davvero green rimane marginale rispetto all’enorme volume di pelle tradizionale lavorata ogni anno. L’effettiva sostenibilità della pelle richiede una netta diminuzione di sostanze chimiche pericolose e un’evoluzione delle tecnologie usate nelle concerie, oltre a un ripensamento radicale della filiera produttiva e delle abitudini di consumo.

Parallelamente, la diffusione di materiali alternativi di origine vegetale o biotecnologica sta offrendo nuove prospettive: pelli ottenute da scarti agroalimentari, funghi, ananas, cactus o materiali a base microbica possono sostituire almeno in parte la pelle animale, riducendo drasticamente l’impatto ambientale e sanitario dell’industria della moda.

Consapevolezza e responsabilità nei consumi

La scelta quotidiana sugli abiti e accessori che indossiamo comporta una responsabilità non solo stilistica, ma etica e ambientale. Optare per prodotti realizzati nel rispetto dell’ambiente, della salute e dei diritti umani significa contribuire in modo attivo alla lotta contro l’inquinamento e le ingiustizie sociali insite nei sistemi produttivi opachi. La trasparenza delle aziende, la tracciabilità delle materie prime e la certificazione dei processi sono strumenti essenziali per distinguere una moda veramente sostenibile da una che alimenta sfruttamento e devastazione ambientale.

Solo attraverso una maggiore consapevolezza e un cambiamento delle abitudini di acquisto sarà possibile avviare una transizione verso un’industria della moda meno impattante, capace di coniugare estetica, innovazione e rispetto per il pianeta e le persone.

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